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CENTRO SICUREZZA MEDICINA DEL LAVORO

Valutare il rischio di stress da lavoro correlato è importante per un ambiente lavorativo sano.

Per stress si intende una reazione che si manifesta quando una persona percepisce uno squilibrio tra le sollecitazioni ricevute e le risorse a disposizione. Non può essere definito come una malattia, lo stress è un insieme di disfunzioni fisiche e psicologiche che indica quando qualcosa attorno a noi non sta funzionando. Le relazioni interpersonali che causano maggiori problemi sono proprio quelle lavorative, l’ambiente stesso può causare questo scompenso. Questa condizione di malessere se protratta nel tempo può assumere di certo carattere di patologia.

Sottolineiamo che esiste lo stress, a dosi accettabili, che ha effetti positivi sul nostro organismo (eu-stress), consentendoci di reagire in modo efficace ed efficiente agli stimoli esterni; un’esposizione prolungata a fattori stressogeni invece, può essere fonte di rischio per la salute dell’individuo (di-stress), sia di tipo psicologico che fisico, riducendo l’efficienza sul lavoro (scarsa concentrazione, frequenti errori, assenteismo, malattia, richieste di trasferimento e altro).

Lo stress da lavoro correlato non coincide con il concetto di Mobbing, a fare la differenza è l’intenzionalità. Il Mobbing è una persecuzione sistematica messa in atto da una o più persone allo scopo di danneggiare chi ne è vittima, con il solo scopo di allontanarla dal lavoro.

Il processo di valutazione del rischio da parte del medico del lavoro competente parte dall’identificazione delle fonti di stress nell’ambiente di lavoro, attraverso l’utilizzo di opportuni indicatori suddivisi tra quelli relativi al contesto lavorativo e quelli riconducibili invece al vero e proprio contenuto del lavoro. Per farlo, si passa dalla fase di osservazione, Check List, e analisi dei dati aziendali.

Da dove viene tutto questo stress? Le fonti di stress da lavoro correlato particolarmente significative possono essere legate alle funzioni organizzative, ambiguità nella definizione della carriera professionale e del ruolo all’interno dell’azienda; mancanza di autonomia relativamente alle responsabilità assegnate e a difficoltà nel gestire rapporti interpersonali sul luogo di lavoro.

Anche gli orari di lavoro, qualora si tratti di turni particolarmente pesante, carichi di lavoro eccessivi, organizzazione del lavoro inadeguata rispetto alle competenze professionali, o alle carenze infrastrutturali del luogo di lavoro (scarsa illuminazione, temperature disagevoli, scarse condizioni igieniche, spazi insufficienti) possono risultare come altre fonti di stress.

Le categorie professionali più esposte allo Stress Lavoro Correlato sono quelle in cui si riversa maggior responsabilità finale della mansione. Pensiamo ad esempio ai Medici, sottoposti a forte responsabilità legate ad eventuali decisioni sbagliate che possono avere effetti anche gravi sulla salute delle persone; il personale operativo delle Forze dell’ordine, esposto a rischi quotidiani di aggressione ed esposti a situazioni di disagio sociale con potenziale impatto psicologico molto significativo; Assistenti Sociali, per i quali l’esposizione a fenomeni di disagio sociale e familiare, provoca una sensazione di inefficacia ricorrente; gli Insegnanti, esposti a stress da divario generazionale, con difficoltà a relazionarsi con un elevato ed eterogeneo numero di studenti in età giovanile; Autotrasportatori: il cui stress è legato a condizioni di lavoro particolarmente difficili, orari di lavoro, distanza da casa, responsabilità nel rispetto delle tempistiche.

A partire dal gennaio 2011 è obbligatorio per le aziende italiane effettuare la valutazione dello Stress Lavoro Correlato. Era stato già anticipato nel D.Lgs 81/08 (art 28 c1 bis ex D.Lgs 106/09) che si rifaceva esplicitamente all’accordo Europeo del 2004 sottoscritto dalle quattro maggiori organizzazioni Europee (CEEP, UEAPME, UNICE e ETUC) i cui contenuti erano rivolti alla definizione studio dei criteri di prevenzione di questo rischio. L’obbligo per i datori di lavoro è di ripetere la valutazione con una frequenza non inferiore ai tre anni, salvo che gli esisti delle valutazioni pregresse non indichino situazioni di disagio che inducano ad adottare provvedimenti più restrittivi e tempistiche più ravvicinate di rivalutazione.

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