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Maternità: la tutela delle mamme al lavoro

La normativa di tutela del lavoro femminile è ora riunita nel D.Lgs.151/2001 anche detto “Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’art. 15 della legge 8 marzo 2000” in cui si prevede, nelle aziende in cui sono impiegate donne in età fertile, che il datore di lavoro con la collaborazione del Servizio di prevenzione e protezione e del medico competente, informi le lavoratrici e i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, sui rischi per la gravidanza, puerperio e allattamento presenti nell’ambiente di lavoro e individui le mansioni non pregiudizievoli per la salute della donna e del nascituro, modificando se possibile condizioni e orario di lavoro.

La valutazione dei rischi per la lavoratrice, tenendo conto anche degli aspetti relativi al bambino, deve essere effettuata nell’ambito della complessiva valutazione dei rischi, quindi a priori. Questa valutazione utilizza criteri specifici, in quanto ha l’obiettivo precipuo di tutelare la lavoratrice in particolari situazioni fisiologiche (gravidanza, allattamento) o di responsabilità genitoriale e il prodotto del concepimento, prima del parto e nei primi anni di vita. Ai fini di tale valutazione, è necessario tenere conto degli effetti specifici che la tipologia e l’entità dei rischi esistenti nell’abito lavorativo hanno sulle situazioni e sugli eventi tutelati, considerando la particolare organizzazione di lavoro e l’esistenza o meno di idonee misure preventive.

Quali sono i lavori considerati pericolosi per una donna in attesa?

I lavori considerati pericolosi per una donna incinta sono:

  • Lavori faticosi: il sollevamento, il trasporto di pesi o lavori che obbligano a stare in piedi per più di metà dell’orario di lavoro o che comportano posizioni particolarmente affaticanti;
  • Lavori pericolosi: effettuati con l’ausilio di scale o altri con rischio di cadute;
  • Lavori che espongono a sostanze chimiche che possono essere: tossiche, nocive, irritanti;
  • Lavori che espongono a rischio biologico o a radiazioni ionizzanti;
  • Lavori con macchine o utensili che trasmettono intense vibrazioni o effettuati su mezzi di locomozione in moto:
  • Lavori eseguiti in ambienti particolarmente polverosi o rumorosi, o in presenza di condizioni microclimatiche particolarmente sfavorevoli.

La lavoratrice madre di un figlio di età inferiore a 3 anni o, in alternativa, il lavoratore padre convivente con la stessa; la lavoratrice o il lavoratore che sia l’unico genitore affidatario di un figlio convivente di età inferiore a 12 anni non sono obbligati a prestare lavoro notturno. È inoltre vietato adibire le donne al lavoro notturno, dalle ore 24 alle ore 6, per tutto il periodo della gravidanza e fino al compimento di un anno di età del bambino.

Il congedo di maternità è un diritto.

Il congedo di maternità obbligatorio (chiamato anche “astensione obbligatoria” dal lavoro) è un periodo di 5 mesi (due mesi precedenti la data presunta del parto e tre dopo) nei quali la donna per legge deve astenersi dal lavoro. Dal 2000 è stata introdotta la possibilità per la lavoratrice dipendente di continuare l’attività lavorativa nel corso dell’ottavo mese e di prolungare il periodo di congedo post parto, a condizione che il medico attesti lo stato di buona salute. Il congedo di maternità è riconosciuto alla madre lavoratrice anche nei casi di adozioni e/o affidamenti (nazionali e internazionali) di minori. In caso di interruzione di un gravidanza che si verifica dopo i 180 giorni dall’inizio della gestazione ma anche in caso di morte del bambino alla nascita o durante il congedo di maternità, la legge tutela il diritto della donna ad assentarsi dal lavoro per tutto il periodo previsto di congedo di maternità, a meno che non scelga lei stesa di tornare a lavoro In caso di adozione o affidamento nazionale il congedo di maternità spetta per i 5 mesi successivi all’effettivo ingresso in famiglia del bambino.

Come avviene l’iter di tutela della maternità nel periodo di gravidanza e fino al 7° mese di età del figlio?

  1. La lavoratrice comunica lo stato di gravidanza al datore di lavoro e ha diritto a permessi retribuiti per accertamenti sanitari (D. Lgs.151/01 Capo II art.14)
  2. Il datore di lavoro valuta i rischi per la gravidanza e l’allattamento con la collaborazione del SPPA e del medico competente (D. Lgs.151/01 Capo II art.11)
  3. Lavoro non a rischio per madre e feto: la lavoratrice in gravidanza lavora fino al periodo di astensione obbligatoria (congedo di maternità) o richiede il posticipo dell’astensione preparto (flessibilità del congedo di maternità).
  4. Lavoro a rischio, pericoloso, insalubre o vietato per madre e feto: possibilità di spostamento ad altra mansione o di modifica delle condizioni o dell’orario di lavoro (in questo caso la lavoratrice presta servizio fino al periodo di astensione obbligatoria), oppure astensione obbligatoria dal lavoro (astensione anticipata dal lavoro).
  5. Lavori ritenuti pregiudizievoli in relazione all’avanzato stato di gravidanza (D.Lgs.151/01 Capo III art.17): richiesta scritta alla Direzione provinciale del Lavoro entro i 3 mesi antecedenti alla data del parto, la quale verificherà le condizioni e potrà disporre astensione anticipata a 3 mesi prima del parto.

Dopo la nascita del bambino come avviene il rientro?
La lavoratrice consegna al datore di lavoro il certificato di nascita del figlio entro 30gg ed è previsto il rientro dopo 3-4 mesi dal parto.

  • Se la lavoratrice viene inserita nel lavoro precedente al congedo di maternità non vi è necessità di ulteriori visite da parte del Medico Competente, a meno che la lavoratrice non la richieda espressamente per iscritto, visita occasionale, per problemi di salute sopravvenuti o se sia in scadenza la precedente visita periodica.
  • Se la lavoratrice viene inserita con mansione diversa rispetto a quella svolta precedentemente al congedo di maternità, deve essere inviata alla visita preventiva, se il lavoro è soggetto a sorveglianza sanitaria.
  • In caso di patologia insorta durante il periodo di gravidanza, il Servizio di Medicina Preventiva del Lavoro è a disposizione della lavoratrice che lo richiedesse per una valutazione clinica e l’aggiornamento della cartella sanitaria prima dell’eventuale rientro al lavoro.

Per il rientro dopo 7 mesi dal parto o successivi vale quanto previsto dopo 3-4 mesi dal parto. Qualora la lavoratrice manifesti l’intenzione di allattare il bambino anche dopo il rientro, dopo 7 mesi dal parto, sarà facoltà dell’amministrazione, se possibile, inserirla in un lavoro senza rischi per l’allattamento. Il Medico Competente, nel caso in cui la mansione in cui viene inserita la lavoratrice fosse a rischio per l’allattamento e fossero passati i 7 mesi dal parto, nel giudizio di idoneità dovrà comunque segnalare l’esistenza dei rischi per l’allattamento, specificandoli singolarmente.

Oltre al congedo obbligatorio, l’astensione obbligatoria dal lavoro può essere seguita dalla maternità facoltativa (congedo parentale). In questo caso la lavoratrice ha diritto/obbligo di astenersi dal lavoro per cinque mesi in concomitanza con la nascita del bambino e successivamente ha il diritto di rimanere con il piccolo anche per i dieci mesi successivi (che possono essere anche  suddivisi tra madre e padre). Il congedo parentale compete entro i primi 12 anni di vita del bambino, può durare al massimo 10 mesi.

Qualora la gravidanza fosse a rischio occorre presentare al datore di lavoro la certificazione da parte del ginecologo, seguita da conferma del medico del SSN, da inoltrare alla Direzione Provinciale del Lavoro con la richiesta di astensione anticipata dal lavoro.

La flessibilità del congedo di maternità il D. Lgs.151/01 Capo III art.20. Entro il 7° mese la donna può richiedere il posticipo dell’astensione preparto (1 mese prima e 4 mesi dopo la data presunta del parto) presentando un certificato del ginecologo del SSN e del Medico Competente ( per i casi soggetti ad obbligo di sorveglianza sanitaria) che attestino l’assenza di controindicazioni lavorative e di salute. Nel caso in cui il bambino sia malato (D. Lgs.151/01 Capo VII artt.47-52) è necessario un certificato dal medico specialista S.S.N. o convenzionato che attesti il congedo fino a 3 anni, entrambi i genitori alternativamente dai 3 anni agli 8 anni, entrambi i genitori alternativamente per 5gg/anno ciascuno. A conclusione del diritto di maternità le lavoratrici dipendenti hanno diritto a richiedere i riposi per allattamento per il primo anno di vita del bambino. Il riposo consiste in 2 ore al giorno se l’orario di lavoro è superiore alle 6 ore oppure 1 ora al giorno se l’orario lavorativo è inferiore alle 6 ore.

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